La riforma del lavoro

Con queste misure il ministro del welfare, Elsa Fornero, vuole cambiare il sistema dei contratti di lavoro esitenti in Italia, con un obiettivo dichiarato: favorire le assunzioni stabili, a scapito di quelle a tempo determinato, delle collaborazioni a progetto e di altre forme di flessibilità che spesso hanno dato vita ad abusi da parte delle aziende.

Ecco, di seguito, una sintesi di cosa vuol fare il ministro Fornero per combattere la precarietà.

CONTRATTI A TERMINE. Per gli assunti a tempo determinato, non è previsto un salario più alto (come qualcuno si aspettava) ma soltanto un aumento della contribuzione, che ne disincentiva l’utilizzo. Come già anticipato nei giorni scorsi, le aziende pagheranno infatti un contributo più alto per finanziare l’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego), cioè i nuovi sussidi alla disoccupazione. L’aliquota per i lavoratori a termine sarà del 2,7%, contro l’1,3% previsto per i contratti a tempo indeterminato. La differenza potrà però essere recuperata dall’azienda, se il dipendente viene stabilizzato negli anni successivi.

COLLABORAZIONI A PROGETTO. Anche per queste forme contrattuali (i cosiddetti co.co.pro) non è prevista una crescita  delle retribuzioni ma soltanto un incremento, ancora da quantificare, dei contributi previdenziali (che oggi vengono versati in un particolare fondo dell’Inps che si chiama Gestione Separata). Attualmente, l’aliquota contributiva per i co.co.pro. è attorno al 27%, contro il 33% circa che grava sui contratti di lavoro dipendente. E’ prevista anche una migliore definizione del progetto per il quale il collaboratore è assunto, che non potrà essere mai troppo generico.  In tal caso, i co.co.pro. verranno infatti assimilati dal punto di vista giuridico ai rapporti di lavoro dipendente.  Sarà inoltre vietato alle aziende di annullare i contratti prima della scadenza stabilita o prima del completamento del progetto, se non in presenza di una giusta causa (come la incapacità professionale del lavoratore).

FALSE PARTITE IVA. Anche queste forme di collaborazione potranno essere assimilate dal punto di vista giuridico ai rapporti di lavoro dipendente, se si verificano 3 condizioni: il titolare di partita iva ricava il 75% del proprio reddito dai compensi di una sola impresa, lavora stabilmente presso la sede dell’azienda e la sua attività di collaborazione si protrae per un periodo superiore a 6 mesi. Non sono soggetti a queste restrizioni i rapporti di lavoro con partita iva che si svolgono negli studi dei professionisti iscritti agli Ordini (come per esempio i commercialisti, i medici o gli avvocati).

APPRENDISTATO. L’intenzione dell’esecutivo (come più volte dichiarato dal ministro Fornero) è di rendere l’apprendistato la modalità di assunzione prevalente per i giovani, sulla scia di una riforma già approvata dal governo Berlusconi (che ha quasi azzerato i contributi per le aziende che assumono con questo contratto). E’ prevista la creazione di un tutor per gli apprendisti all’interno delle imprese, che sostituirà la figura oggi un po’ ambigua del referente aziendale. Inoltre, le agevolazioni per i datori di lavoro che utilizzano questa forma di assunzione potrebbero presto essere erogati soltanto in presenza di alcune condizioni: la dimostrazione che, in passato, l’azienda ha già stabilizzato un certo numero di ex-apprendisti e l’impegno, da parte dell’imprenditore, a fissare una durata minima per il contratto (esclusi i casi di lavoro stagionale).

PART-TIME E LAVORO A CHIAMATA. Verranno introdotte  delle procedure burocratiche per evitare gli abusi legati anche a queste forme contrattuali. Il documento del governo non dice molto in poroposito, se non accennando all’obbligo per i datori lavoro di inviare una comunicazione amministrativa su qualsiasi variazione dell’orario di lavoro dei dipendenti  part-time. La stessa cosa è prevista per il lavoro occasionale pagato con i voucher (o buoni-lavoro) e per quello intermittente, o “a chiamata”: per evitare che questi contratti vengano utilizzati per coprire delle forme di assunzione irregolare, l’imprenditore dovrà presentare una apposita comunicazione agli organi amministrativi (anche attraverso procedure snelle, come una comunicazione telefonica), in occasione di ogni chiamata del dipendente.

 

Fonte: www.panorama.it

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